La strada del Sempione e la sua storia

di Laura Tirelli

La strada del Sempione

La via del Sempione, che scorre non lontano da Taino, conserva numerose tracce del suo lungo divenire, la sua storia equivale a quella di un millennio di storia europea.
Fu sentiero in età classica, mulattiera nel medioevo, lastricata nel 1600, grande strada napoleonica nel 1800, ferrovia nel 1900, è un percorso autostradale oggi.
Le prime notizie storiche che la riguardano risalgono all’epoca romana quando nel 196 d.c.
l’imperatore Settimo Severo fece costruire una strada carreggiata che valicava il Sempione per collegare le province transalpine. Il nome Sempione si suppone derivi dal latino “summo piano” (pianoro alla sommità di un monte)
Con il declino e la fine dell’impero romano, anche questa strada decadde.
Ebbe una ripresa nei secoli XII e XIII in concomitanza con lo sviluppo commerciale di centri floridi come Venezia e Genova.
Nel medioevo fu usata come mulattiera e carovaniera. Da nord venivano trasportati lungo l’asse del Sempione bestiame, pelli, formaggio, da sud vino, granaglie e sale.
Intorno al 1235 fu creato un ospizio sul colle del Sempione dipendente dai Cavalieri di Malta, intorno al quale nacque un piccolo villaggio.
La prima menzione del toponimo “Sempione” si trova in un documento in cui è citata una vigna di Briga come dipendente dall’ospizio del Sempione.
Il primo passaggio documentato è del 1254 quando l’arcivescovo Odo di Rouen vi passò per recarsi a Roma.
Nel XIII secolo la proprietà della strada era suddivisa fra tre famiglie feudali lombarde: i Castello, i conti di Biandrate e Aosta (poi gli Ornavasso che furono i loro eredi), i quali fecero venire per sfruttare i pascoli dei colonizzatori di lingua tedesca, i Walzer che si spinsero lungo la val d’Ossola.
Nel 1256 l’appalto dei dazi fu affidato dal vescovo di Sion, Enrico di Raron, ad Alberto Carpentarius con l’obbligo di conservare percorribile la strada del Sempione.
Lo sviluppo dei traffici commerciali spinse i vescovi di Sion ad una politica di conquista territoriale. La contesa lombardo-vallesiana sul confine del Sempione durò due secoli; le lotte tra lo Stato vallesiano e il Ducato di Milano nei secoli XV e XVI causò la decadenza della strada.

Nel corso del secolo XVII la strada ritornò in auge grazie all’opera del mercante di Briga Stockalper, definito il re del Sempione. Divenne la via del sale larga 3 metri con soste e locande. Fu costruita la torre di Gondo, l’ospizio del Sempione e un grande palazzo a Briga. Stockalper ebbe il monopolio del servizio postale tra Milano e Paesi Bassi per 17 anni. Oltre al commercio era uomo molto interessato all’arte: a sue spese fece restaurare le chiesa di Glis, finanziò il Sacro Monte Calvario sul colle di Matterello a Domodossola (nella capella XV vi è il suo ritratto)
Nel secolo XVIII, dopo la morte di Stockalper, la strada fu nuovamente abbandonata anche perché si verificò un mutamento climatico: fu il periodo detto delle “alpi chiuse” per il forte raffreddamento del clima.

 

NAPOLEONE E IL SEMPIONE

L’attuale percorso che collega direttamente Milano-Parigi lo si deve a Napoleone e divenne un’espressione della nuova civiltà scaturita dalla rivoluzione francese.
La costruzione della strada rappresentò il punto di arrivo dello sviluppo urbanistico di Milano. I Governi cisalpini furono connotati per l’esplosione di entusiasmo per progetti edificatori. A questo clima concorsero “gli ornati dell’allegrezza” apparati atti a perfezionare il clima di ottimismo e festività. Si ebbe una nuova generazione di architetti e urbanisti che le grandi feste cittadine mettevano in mostra come l’apparato eseguito a Milano il 30 aprile 1801 secondo la regia dell’architetto livornese Paolo Bargigli per celebrare il trattato di Luneville (dopo battaglia di Marengo, la pace fra Francia e Austria) e la posa della prima pietra del Foro Bonaparte. Sul fronte del castello furono montate scenografie architettoniche: un mausoleo con le ceneri dei soldati francesi e cisalpini che avevano cementato la libertà rappresentò un monumento alla pace, un tempio dell’immortalità circolare su 12 colonne doriche dedicato a Napoleone come eroe della vittoria.
Evento più spettacolare fu il progetto di Giovanni Antolini per il Foro Bonaparte: immaginò una gigantesca piazza circolare delimitata tutto intorno da un colonnato sopraelevato con al centro l’edificio del castello in forme classiche, sulla circonferenza della piazza 14 edifici di tipologia templare destinati ai pubblici servizi: biblioteca, museo, terme, teatro, borsa, dogana, pantheon espressione dei nuovi valori etici, laici e politici degli anni rivoluzionari. Da qui doveva partire la nuova strada del Sempione rettificata e adornata da 4 file di alberi. Il progetto dell’Antolini fu realizzato solo in minima parte.

Prima pietra Foro Bonaparte
Progetto Antolini

 

Progetto Antolini

Fu costruito l’Arco trionfale (oggi della Pace) eretto in 3 settimane in legno e tela dal Gagnola nel 1806 per festeggiare le nozze di Eugenio di Beauharnais con Augusta Amalia di Baviera. Piacque così tanto che in seguito venne costruito in pietra e inaugurato nel 1838. In compenso la strada del Sempione venne portata a termine per volontà esplicita di Napoleone che aveva passione per l’ingegneria e la tecnica. La realizzazione della strada aveva anche ai suoi occhi un motivo strategico: “faire passer les cannons” . Intendeva collegare la penisola all’Europa e far passare il suo esercito.
All’epoca per superare le alpi vi erano 5 strade:
– una costiera: di cui Napoleone si servì numerose volte dal 1794 al 1796
– il colle del Monginevro: per uso militare
– la strada del Moncenisio, che era quella più usata da viaggiatori, attraverso la quale Napoleone vi transitò sei volte
– il San Bernardo (attraverso i Cantoni Svizzeri) che nel 1800 veniva attraversato con grande difficoltà
Vi era quindi la necessità di un percorso più breve e meno alto. Così si arrivò alla strada che collegava la vallata del Rodano e del Toce attraverso il passo del Sempione.

Napoleone

 

Giuseppina Bonaparte

Il 7 settembre 1800 Napoleone decise di creare una strada carrozzabile per far passare i cannoni. Progetto e lavori furono affidati all’ing. Nicolas Ceard del Ponts e Chaussès che la realizzò in soli 3 anni. Le spese e la manodopera furono italiani. Fu incisa nella roccia con grande impegno e ardore tecnico per 63 km . Fra Domodossola e Briga furono costruiti 64 ponti e 7 gallerie (in tutto 611 ponti e 525 m . di gallerie). La galleria per superare le gole di Gondo era lunga m.182 scavata da centinaia di uomini che si alternarono per 15 mesi. Costò la vita di 100 uomini.
Per l’abilità tecnica impiegata destò grande ammirazione in tutta Europa. Fu la prima carrozzabile sulle Alpi tenuta aperta anche d’inverno e il passo veniva attraversato con l’aiuto delle slitte.
Nel 1832 fu aperto un Ospizio sul valico; fu istituito un servizio postale che diede origine al proliferare di alberghi della posta e alla nascita di nuove professioni: vetturini, albergatori ecc.

Ospizio del Sempione
Castello di Briga

Napoleone però non percorse mai la nuova strada del Sempione. Dopo la sua incoronazione a Re d’Italia il 26 maggio 1805 voleva tornare in Francia attraverso il Sempione, ma la strada non ancora percorribile tutta in carrozza, a Dongo avrebbe dovuto salire a cavallo, mentre Giuseppina sarebbe stata trasportata su portantina, rifiutò. Neanche altri componenti la famiglia Bonaparte vi transitarono.
Eugenio di Beauharnais, vicere d’Italia, voleva incontrare la sorella Ortensia sul paso del Sempione, ma questa a causa delle doglie del parto fu costretta a fermarsi a Porto Saint Maurice dove diede alla luce un figlio illegittimo, colui che divenne il conte di Morny.

 

DALLA VIA DEI CANNONI A QUELLA DEL “GRAND TOUR”

La strada del Sempione aprì l’Ossola al mondo e favorì lo sviluppo turistico del lago Maggiore. Fu utilizzata soprattutto dai viaggiatori provenienti dalla Francia, dalla Germania, dall’Inghilterra, spesso giovani di illustri famiglie accompagnati di regola da un tutore, che venivano in Italia per arricchire le loro conoscenze come fu di moda per tutto l’Ottocento.

Viaggiatori illustri

Più di 300 famosi letterati vi transitarono nel 1800 di cui la metà tra 1815 e 1845 e lasciarono un ricordo scritto delle loro impressioni, spesso con parole di grande apprezzamento per la bellezza della natura e del paesaggio .
Transitò per la strada del Sempione Lord Byron e Samuel Rogers che da qui trasse ispirazione per la sua raccolta di poesie “Italy” pubblicate nel 1827 con le incisioni di William Turner. Il pittore inglese vi transitò per la prima volta nel 1819 e lungo il percorso tracciò molti disegni nel suo taccuino di schizzi.
Poi Madame de Stael, Chateaubriand, e Stendhal che soggiornò a lungo a Milano, città che amava moltissimo tanto da far scrivere sulla sua tombe la dicitura:”Henry Beyle milanese”.
Infine Gogol, Corot, Wagner, Dumas, Balzac, il poeta Edgard Quinet che così scrisse nel 1832: “qui comincia col mirto, l’olivo e il limone, il dolce profumo della lingua milanese”.
Il compositore Mendelsson, lo scrittore francese Gustave Flaubert, che scendendo da Briga si fermò a Berisal e sempre attento al fascino femminile annotò le seguenti parole: “Colazione. Robusta montanara, fresca, rosa, carnosa, un po’ tedesca con il suo piccolo cappello rotondo dal nastro pieghettato, capelli annodati indietro”.

Molto bella è la descrizione del viaggio notturno dello scrittore inglese Charles Dickens che attraversò il Sempione nel 1844: “a poco a poco il frastuono delle acque divenne più forte e la stupenda strada penetrò tra due muri massicci di rocce perpendicolari che ci tolsero completamente la luce della luna e ci lasciarono solo la vista di alcune stelle. Poi perdemmo anche queste nella profonda oscurità di una caverna.”

Nel 1800 la diligenza compiva il tragitto fra Briga e Domodossola in 9 ore.

Nacquero e furono di moda in epoca romantica gli album pittorici per ricordare il grand tour in Italia. Nuovo genere artistico-letterario composto da incisioni con testo.
Il più importante è stato “Voyage pittoresque de Genève a Milan par le Simplon”dei Lory (padre e figlio svizzeri) con 35 splendide incisioni all’acquatinta finemente dipinte a mano.
Questo libro fece conoscere la nuova strada napoleonica e le grandi opere tecniche perché i Lory disegnarono non solo luoghi e paesaggi, ma anche ponti e gallerie.
La loro opera diede l’avvio a flussi di turismo di élite.
Furono pubblicate numerose guide turistiche, la più celebre fu quella della casa editrice Artaria di Milano.

Byron
Rogers
De Stael
Stendhal

Ville lungo la strada e soggiorni illustri

La strada del Sempione nel tratto che costeggia il lago Maggiore vide sorgere bellissime ville che ospitarono nel XIX secolo illustri personaggi come Villa Stampa a Lesa nella quale soggiornò a lungo Alessando Manzoni che in seconde nozze aveva sposato Teresa Borri Stampa. Nel 1837 il grande scrittore fu ritratto proprio nella villa di Lesa dal pittore Hayez. Manzoni parlando del suo soggiorno a Lesa così scrisse: “Mi innamoro ogni giorno di più di questo lago, di questi monti, di questa quiete”.
Massimo d’Azeglio soggiornò a Cannero, I Cairoli a Belgirate, gli Arconti a Pallanza, Cesare Correnti a Meina, Giulio Carcano a Lesa, Antonio Rosmini a Stresa nella villa lasciata all’Istituto della Carità dalla benefattrice Annamaria Bolongaro. Nicolò Tommaso descrisse nel suo libro Colloqui, questi suoi soggiorni sul lago in compagnia di Alessandro Manzoni.

Alessandro Manzoni
Teresa Stampa

Anche altri celebri personaggi soggiornarono sul lago, come la Regina Vittoria che fu a Baveno nel 1879, dal 25 marzo per un intero mese a villa Clara costruito dagli Henfrey nello stile di un castello scozzese con 5 torri in mattoni rossi e pietra bianca di Baveno

Villa Henfrey
Regina Vittoria

Anche illustri pittori a partire dal 1885 trascorsero periodi di villeggiatura sulle rive del lago Maggiore. Famose presenze furono quelle di Saverio Altamura e Gerolamo Induno, il pittore milanese per eccellenza.
Nacque un vero e proprio sodalizio artistico: la Scuola del Paesaggio di Gignese di cui fecero parte Daniele Ranzoni di Intra, Achille Tominetti di Miazzina, Filippo Carcano e Eugenio Gignous che disse: “questi sono luoghi di paradiso”

Dipinti di F. Carcano

 

IL TRAFORO DEL SEMPIONE

(immagini tratte da “Milano verso il Sempione”, a cura di Roberta Cordani; ed. Celip)

Lavori al Tunnel del Sempione
Inaugurazione Tunnel del Sempione

La più grande opera che arricchì la strada del Sempione fu il traforo del monte omonimo inaugurato il 19 maggio 1906 dopo 8 anni di lavoro.
Il traforo, opera di grande impegno tecnico e umano, fu l’immagine di quella che era diventata alla fine dell’Ottocento la realtà milanese:
la Città era cresciuta in pochi anni, passando da 200.000 abitanti all’epoca dell’unità d’Italia a 500.000 nel 1906.
La sua produzione industriale aveva raggiunto i 100 milioni annui; gli occupati nei grandi complessi erano150.000 persone (40.000 addetti al cotone, 35.000 alla seta)
Milano aveva 22 linee di tram per un totale di 370 vetture

La crescita della città portò un grande rinnovo edilizio: al Cordusio furono costruiti gli edifici del Credito Italiano, della Borsa, delle Assicurazioni Venezia; in piazza Scala la Banca Commerciale guidata da Toeplizt; a piazza Duomo il palazzo dei grandi magazzini Bocconi (poi soprannominati “Rinascente” da Gabriele D’Annunzio)

Il Sindaco di Milano all’epoca del traforo era Ettore Ponti di Gallarate, un grande industriale cotoniero, che amava la cultura e gli studi superiori: promosse l’Accademia di Brera, il Politecnico, e l’università Bocconi.
In questa situazione di grande sviluppo industriale ed economico vi fu la necessità di migliorare
l’ assetto ferroviario per facilitare le comunicazioni con il resto d’Europa.
Si pensò al traforo a partire dal 1853. Fu interessata anche la Confederazione Svizzera.

Il primo progetto fu presentato nel 1877 e prevedeva una galleria di 18 km e mezzo.
Nel 1880 si costituì a Milano il Comitato promotore del valico ferroviario del Sempione presieduto da Giuseppe Ribecchi, politico ed esponente del mondo imprenditoriale milanese.
Nel 1893 fu creata la compagnia Jura Simplon che stese un contratto con la ditta Brand-Brandau per studiare una soluzione del traforo economicamente realizzabile. Sorse anche un Comitato per collegare l’uscita della galleria con la rete ferroviaria Domodossola-Arona-Milano presieduto dal conte Gilberto Borromeo, esponente di spicco della nobiltà illuminata, impegnato nello sviluppo cittadino, senatore e grande amante della botanica (a lui si deve la creazione del giardino botanico dell’Isola Madre).
Nel 1897 i due Comitati si fusero, presidente divenne Gilberto Borromeo che da quel momento dedicò tutta la sua attività alla concretizzazione dell’opera che costò al governo italiano cinque milioni, quindici alla Confederazione Svizzera e cinquantuno alla Compagnia Jura Simplon.
Il 3 aprile 1898 fu completata la raccolta fondi (allora prima di iniziare i lavori era d’obbligo avere i denari necessari alla realizzazione dell’opera). Fu fatta una riunione con tutte le autorità cittadine, e, nel mese di agosto si avviò il cantiere. Gli operai erano tutti italiani, oltre 2000, provenienti da tutte le regioni d’Italia che furono alloggiati in un villaggio appositamente creato.

Ebbe inizio l’epopea di BALMANOLESCA, un villaggio di minatori, formato da casette di legno allineate lungo un chilometro di strada poco sotto Iselle, accanto all’imbocco sud del tunnel. La popolazione fu tra 7500 e 8000 abitanti, con negozi, magazzini, osterie e botteghe artigiane, una scuola, una chiesa dedicata a Santa Barbara, la caserma Carabinieri , il cimitero, l’ufficio postale. Sembrava un villaggio del far west, ricco di varia umanità come nel celebre film “La febbre dell’oro” di Chaplin che poi, una volta terminato il traforo, divenne un villaggio fantasma, una “gost town” come quelli della frontiera americana.
Il villaggio era gestito dalla Società Brandau. Furono applicate rigide norme sanitarie per evitare epidemie. La malattia più pericolosa era l’anemia del minatore. Ogni giorno ai lavoratori veniva distribuito l’acido citrico. Nonostante questa accortezza vi furono 63 morti per malattia, 20 per infortunio, 22 nel corso di risse o suicidi. I 20 operai morti in galleria sono ricordati oggi con una lapide di marmo fissata alla roccia sopra la stazione di Iselle.

Il 24 febbraio 1905 cadde ultimo diaframma della galleria. L’abbattimento degli ultimi metri furono seguiti con ardore da tutta la stampa internazionale.

Il 19 maggio 1906 vi fu il primo viaggio inaugurale con incontro tra re d’Italia e il Presidente della Confederazione Svizzera
Il 1 giugno ebbe inizio il servizio regolare Ginevra-Milano. Una seconda galleria fu aperta nel 1921.
L’opera costò 80 milioni di lire corrispondenti all’epoca al valore di 3 corazzate russe torpedinate dai Giapponesi nella guerra Russo-Giapponese del 1905.
La galleria era lunga di 19 chilometri e 725 metri . Il percorso Milano-Parigi venne abbreviato di 100 km .
I maggiori ostacoli incontrati furono: l’elevata temperatura della roccia che in certi punti raggiunse i 46 gradi centigradi ; la pressione della montagna; i massi spessi anche 2 chilometri ; le infiltrazioni di sorgenti di acque calde e fredde.
Furono costruiti due cunicoli paralleli, arieggiati da due grandi ventilatori che distribuivano un milione di metri cubi d’aria nelle 24 ore.

Fu una grande impresa, ricordata e celebrata anche sul piano letterario. Lo scrittore Pietro Chiara la cita nel romanzo “Il cappotto di astrakan” e il poeta Giovanni Pascoli la celebrò con l’inno “Gli eroi del Sempione”:
“…Voi per lunghi anni a un’ invisibil guerra/
sacrando le robuste vite/
avanzavate ignudi eroi sotterra/
al rombo della dinamite”

Il traforo del Sempione venne realizzato da quella “Italia Eroica” che come disse Dino Campana “dal badile dovette poi passare al fucile” con riferimento agli eventi che seguirono a questa grande imprese: la guerra 1915-1918.

 

L’ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DEL 1906

Il traforo del Sempione fu l’occasione per la grande Esposizione Internazionale a Milano per suggellare primato economico della città che voleva porsi come parte attiva dello scenario europeo.

La prima Esposizione Internazionale fu ospitata in Inghilterra nel 1851. Alla Francia va però il merito della concezione delle prime esposizioni. Già nel 1798 Parigi organizzò “l’Exposition publique des produits de l’industrie francaise” con la quale lo stato francese si dotò di un nuovo strumento per promuovere la propria identità, diffondere nuove idee e coinvolgere il pubblico in grandi eventi e cerimonie. Numerose furono le Esposizioni in epoca napoleonica: nel 1801, 1802, 1806.
Nel 1851 l’Esposizione di Londra conferì al concetto francese di esposizione una portata mondiale: vi parteciparono 25 paesi e fra aprile-ottobre più di 6 milioni di persone la visitarono scoprendo nuovi oggetti e nuove architetture.
Dal 1851 si susseguirono in Europa e negli Stati Uniti d’America una ventina di esposizioni.
Nel 1928 si sentì la necessità di dare una cadenza e una missione condivisa alle Esposizioni Internazionali. Venne redatta la Convenzione di Parigi e istituito il Bureau International des Expositions (BIE) a cui 31 paesi conferirono il mandato di regolamentare questi grandi eventi e vegliare su la loro missione di educazione del pubblico, di progresso e di aperture all’intera comunità internazionale. Le Esposizioni divennero un ponte fra politica, economia, cultura. Quella di New York del 1939 inaugurò questa nuova era.

Tra le Esposizioni più importanti ricordiamo quella di Bruxelles del 1958 che inaugurò l’era dell’atomo. La prima esposizione giapponese ad Osaka del 1970 che inaugurò l’apertura dell’oriente. L’Expò di Siviglia del 1992 ricordò la scoperta dell’America. Dal 1992 a oggi i membri dell’Expò sono raddoppiati da 80 a 140.

Expo Milano 1906
Expo Milano 1906

L’Expò di Milano del 1906 per inaugurare il traforo del Sempione ebbe come tema i trasporti. Fu un elogio alla tecnica, al dinamismo delle grandi infrastrutture di trasporto. Mostrò le tecniche raggiunte nel trasporto via acqua, terra e aria (novità assoluta fu la sezione aeronautica). Si ampliò con altre sezioni: Belle Arti, Architettura, Lavoro industriale, Agraria, piscicoltura, istituzioni filantropiche, previdenza, igiene.
Mostre speciali: alimentazione, prodotti chimici, farmaceutici, profumeria, fotografia, giocattoli, armi da caccia
Vi parteciparono 31 paesi.
Numerosi furono gli episodi di festa e celebrativi.

L’Esposizione fu localizzata parte nel parco Sempione e parte in piazza d’armi e collegata al Castello Sforzesco mediante una ferrovia aerea elettrificata.
Vi fu una grande convergenza tra forze politiche, imprenditoriali e l’ università per offrire il meglio della città.

Fu inaugurata il 28 aprile. Si estendeva su una superficie di 1 milione di mq. con 200 edifici appositamente costruiti. Nei 6 mesi d’apertura vide 7 milioni di visitatori.
L’apertura del traforo significò l’apertura dei mercati.
Simbolo dello sviluppo: le nuove scoperte a partire da elettricità e telegrafia.
Infatti i simbolo dell’Esposizione fu un faro elettrico Salmoiraghi, alto m.55 realizzato in stucco che ospitava la Marina italiana.
Fu anche installata una grande antenna della stazione di radiotelegrafia capace di trasmettere fino a Venezia e una Ferrovia elettrica sopraelevata

I Padiglioni costituivano una città dentro la città con edifici, strade e giardini.
L’ingresso era vicino all’Arena dove vennero ricostruiti gli imbocchi delle due gallerie del Sempione con al centro un gruppo scultoreo di Enrico Butti dedicato ai realizzatori dell’impresa: gli operai guidati da un ingegnere con lanterna. Il progetto fu ideato dall’architetto Sebastiano Locati.
Gli edifici erano in stile barocco a floreale.

Tra i Padiglione più importanti vi fu quello della Francia dedicato alle arti decorative.
Realizzato al posto d’onore, al centro dell’intera esposizione su una superficie di 10 mila mq a pianta rettangolare distribuita su 3 navate parallele in stile liberty realizzato dall’arch. Orsino Bongi.
I due ingressi erano abbelliti da bassorilievi raffiguranti pittura e scultura che immettevano ad un immenso salone coperto da cupola vetrata con al centro un salotto per i ricevimenti in stile Luigi XVI, ricco di mobili, arazzi, tappeti, pitture degne di un museo.
Alla serata inaugurale parteciparono 3000 persone. Fu il punto di riferimento dell’eleganza e della raffinatezza dell’epoca.
Le cronache riportano di signore estasiate davanti a vetrine che esponevano sottane di batista con pizzi dal valore inestimabile, sete con ricami, fiori artificiali. C’erano tre vetrine particolari che contenevano fagiani, pappagalli, uccelli del paradiso le cui piume erano destinate ad ornare cappelli ed abiti creati da grandi sarti di Parigi.
Erano presenti con i loro migliori prodotti anche le grandi manifatture d’arte quali Limoges, Sevres, Loebnitz. Il tutto circondato da un giardino fiorito, i cui fiori erano rinnovati ogni giorno, definito il “Paradiso delle Signore”.

Un altro interessante padiglione era l’Acquario, unico di tutti i padiglioni dell’Expò rimasto oggi e
considerato uno degli edifici di maggior pregio del liberty milanese.
Fu costruito su progetto dell’architetto Locati nello stile “art nouveau” (nome derivato da un negozio parigino chiamato “Maison de l’Art Nouveau”). Questo stile attecchì soprattutto nelle città del nord Italia dove l’avanzata industrializzazione aveva cambiato l’aspetto dell’ambiente naturale. Gli edifici “art nouveau” volevano richiamarsi alla natura: erano costituiti da linee curve, con grandi steli rampicanti sulle facciate ricoperte spesso di gusci di conchiglie e decorati con pietre e ferro battuto.
L’Acquario era decorato con piastrelle in ceramica della Richard-Ginori. Continuò la sua attività fino 1943, quando fu bombardato. Nel 1963 fu ristrutturato per la prima volta e riaperto al pubblico. Grandi lavori furono poi fatti dal 2003 al 2006 e oggi è un acquario tecnologicamente avanzato con intorno un ampio giardino nel quale sono stati ricostruiti gli ambienti della pianura padana.

Passeggiate esotiche

Tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 si sviluppò un grande interesse per i viaggi in paesi extra-europei. L’orientalismo ebbe influsso sulla cultura e l’arte del tempo.
Anche l’esposizione diede spazi a luoghi avventurosi ed esotici in sintonia con il clima di esplorazioni e di conquiste coloniali dell’epoca.
Ai confini nord-occidentali della piazza d’armi fu eretto un villaggio Eritreo con uomini, donne, animali che illustravano lo stile di vita africano.
Vi furono esibizione di cavalieri abissini con fantasie a cavallo.
Fu costruito anche un villaggio dell’estremo-nord. Il 1906 era l’anno dell’esplorazione del polo di Peary e anche il Duca degli Abruzzi si era spinto molto vicino al polo.
La principale attrazione esotica fu il quartiere del Cairo. Vicino alla piazza d’armi fu creata una piazzetta con botteghe, caffè, scuola, harem e una fontanella. Le finestrelle degli edifici erano nascoste da grate come nelle autentiche case arabe. Somarelli e cammelli circolavano nella piazza con grande emozione dei visitatori che provavano per la prima volta a montare questi animali, facendosi immancabilmente fotografare a dorso di cammello. Vi erano tessitori di tappeti, un autentico caffè turco, spettacoli di sciabolate, di dervisci “tournants” e danze del ventre. Un vero e proprio allestimento stile Las Vegas ante litteram.

Feste e Ricevimenti

Il tutto era corredato da grandi feste e ricevimenti. Il più sontuoso fu quello per il re Vittorio Emanuele III e la regina Elena , promosso dal sindaco di Milano, l’industriale Ettore Ponti che fu nominato per l’occasione marchese e sua moglie dama di compagnia della Regina. I Giornali descrissero minuziosamente le toilette delle dame. Remigia Ponti indossava un superbo abito celeste con ricami d’argento e guarnizioni di pizzo, sul capo un diadema di brillanti e al collo una collana di smeraldi. Il Re era in frac con decorazioni, la Regina un abito bianco con ricami d’argento, un diadema di brillanti, la collana di perle e, appuntata sul petto, una stella di brillanti con pendaglio.
Era presente tutto il corpo diplomatico e consolare, insieme a senatori, deputati, sindaci, rappresentanti del mondo dell’alta finanza, la giunta e consiglio comunale, l’aristocrazia milanese e personaggi dell’arte e della letteratura.
Due sere più tardi vi fu il ballo di corte a Palazzo Reale. Per l’occasione fu aperto il salone delle cariatidi. Centinaia erano gli invitati.
La Regina Elena indossava una splendida toilette di tulle rosa pallido. Il buffet era sontuoso, fu una serata indimenticabile.

 

ALCUNI ESEMPI DELL’ARTE E DELL’ARCHITETTURA LUNGO LA STRADA DEL SEMPIONE

PITTURA

La strada del Sempione, la statale n. 33, è oggi costellata da molti centri abitati, da capannoni industriali, da centri commerciali che si susseguono l’uno all’altro, dall’autostrada A8 Milano-Laghi, dalla Ferrovia che arriva al tunnel del Sempione. Difficile immaginare che in tale realtà vi siano testimonianze artistiche degne di nota, eppure l’Alto milanese ha dato i natali ad intere famiglie di pittori ed è costellato di pregevoli opere d’artista, in particolare del periodo dei vescovi Borromeo, San Carlo e Federico, che videro nell’arte un mezzo di propaganda della fede cattolica. Federico, nipote di Carlo, fu grande collezionista di dipinti dei quali non apprezzò solo il fine educativo. Grandi artisti dell’età barocca hanno lasciato nelle chiese dislocate lungo la strada del Sempione, numerose loro opere, pittori come Bernardino Lanino, Camillo Procaccini, Giovanni Ambrogio Figino, il Morazzone, Daniele Crespi, i fratelli Lampugnani.

Partendo da Milano, alla fine di corso Sempione, in viale Certosa, si trova la CERTOSA DI GAREGNANO , fondata nel 1349, il cui aspetto attuale è della fine del 1500. Solenne ed elegante all’esterno, rivela inaspettato splendore all’interno dovuto ai dipinti di Simone Peterzano e Daniele Crespi che nel 1629 portò a termine il ciclo decorativo più importante della sua carriera artistica terminata prematuramente con la sua morte per peste nel 1630. Raccontò sulle sei arcate delle pareti della chiesa le STORIE DI SAN BRUNO fondatore dell’ordine oltre a dipingere sulla volta storie del nuovo e antico testamento e vivaci immagini di monaci. Nei suoi dipinti vi è grande attenzione al dato naturalistico e sono caratterizzati dalla teatralità dei gesti e dalla drammaticità delle espressioni.

Certosa di Garegnano

SANTUARIO DELLA MADONNA ADDOLORATA DI RHO
Tempio della devozione mariana commissionato da San Carlo all’architetto Pellegrino Ribaldi per onorare una miracolosa immagine della Vergine. Iniziato nel 1584, ha facciata neoclassica disegnata da Leopold Pollack, una navata unica affrescata, tagliata da un transetto con due cappelle interessanti: SAN GIUSEPPE nella quale lavorò tra 1599 e 1602 Camillo Procaccini che decorò la volta con affreschi rappresentanti l’annuncio ai pastori, la natività e l’adorazione dei magi.

Santuario della Madonna Addolorata di Rho
Affresco di C. Procaccini

CAPPELLA SAN GIORGIO vi lavorarono Giovanni Ambrogio Figino (tela di san Giorgio e il drago) e il Morazzone che affrescò le pareti con ardite costruzioni prospettiche, gestualità teatrali, espressioni drammatiche ed intensità cromatica.

CHIESA SANTO STEFANO A NERVIANO
In essa è raffigurata la Decollazione di san Giovanni Battista datata 1623 dei fratelli Lampugnani. Presenta colori accesi e toni caldi.

Sempre i fratelli Lampugnani a LEGNANO hanno affrescato la CHIESA DI SANT ’AMBROGIO raffigurando la fuga del santo da Milano.

BASILICA DI SAN GIOVANNI BATTISTA A BUSTO ARSIZIO, rifatta nel 1609 su disegno del Richino. Qui una “Consacrazione episcopale di san Benedetto Crespi” datata 1611 e firmata da Antonio Maria Crespi Castoldi, pittore di Busto che diffuse nelle aree provinciali l’arte dei principali pittori attivi a Milano e volle ribadire l’appartenenza del santo al suo casato con quest’opera interessante per le ricerche luministiche e per le soluzioni compositive ispirate ai quadroni del Duomo di Milano e alle composizioni del Sacro Monte di Varese.

Basilica di S. Giovanni Battista di Busto Arsizio

A GALLARATE l’ottocentesca CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA custodisce due tele importanti, una del Morazzone e la “nascita della Vergine” di Daniele Crespi. In essa il pittore concentrando la sua attenzione sugli sguardi, sulle espressioni dei volti e sui gesti legati al quotidiano è riuscito a creare un’intima atmosfera domestica.
Di recente è stata scoperta a Gallarate, grazie a restauri eseguiti nel 2004/2005, un’opera poco conosciuta. Si tratta di una grande pala d’altare situata all’ALOISIANUM, centro di studi filosofici, che rappresenta una Madonna col Bambino, Santa Cecilia, San Giovannino e Santa Caterina d’Alessandria eseguita da Gerolamo Romano detto il Romanino (1545-1548). Solo dopo rimosse le ridipitture che coprivano gli strumenti musicali, è stata identificata la donna posta sulla sinistra come Santa Cecilia.

Madonna col bambino del Romanino

Sulle sponde del lago Maggiore si scrisse una delle pagine più belle della storia della pittura italiana dell’800. Pittori paesaggisti diedero vita alla SCUOLA DEL PAESAGGIO DI CIGNESE e molti di loro trascorsero periodi di vacanza a VILLA ADA a GHIFFA che fu rifugio di numerosi artisti della scapigliatura.
Villa Ada fu fatta costruire nel 1870 dal principe russo Pietro Trubetzkoy e dedicata alla moglie americana Ada Winans. La casa ricorda nello stile una dacia russa, con il tetto a capanna e la caratteristica loggia di legno impreziosita da una balaustra traforata, circondata da un Parco ricchissimo di piante esotiche e rare e possedeva splendida collezione di orchidee. Posizionata su un vasto terreno collinare con vista sul lago fu luogo d’incontro di pittori della scapigliatura e intellettuali come Eugenio Torelli Viollier, fondatore del Corriere della Sera, e della moglie, la scrittrice novarese Maria Antonietta Torriani, prima giornalista donna del Corriere della Sera e nota con lo pseudonimo di Marchesa Colombi. Agli incontri partecipavano anche gli editori Emilio e Giuseppe Treves, quest’ultimo con la moglie Virginia Dolci Tedeschi, scrittrice del “Giornale dei fanciulli” che si firmava Cordelia, l’attrice Eleonora Duse, Gabriele D’Annunzio, il pittore Daniele Ranzoni che immortalò il lago nel luminosissimo quadro “Il lago Maggiore visto dalla villa di Ada Troubetzkoy”, ora nella galleria d’Arte Moderna a Milano.
Ranzoni affrescò diverse sale di villa Ada e di villa Cordelia, di proprietà dell’editore Treves, grande collezionista d’arte. A Ghiffa vi era anche la villa di Torelli-Vollier con la sua collezione di importanti tele di Carcano, Emilio Longoni, Tranquillo Cremona, Segantini che dipinse dei “funghi” porcini adagiati su un foglio di giornale che recava il titolo “Corriere della sera”, dipinto ora al Museo di Saint Morizt.
Il pittore Daniele Ranzoni era anche un esperto botanico. Fu sua l’idea di far costruire a villa Ada una cascata nascosta nella vegetazione fra aerei ponticelli e sentieri cadenzati da vasi ornamentali e dalla scultura di una ninfa ispirata a Ada Troubetzkoy, il cui figlio Paolo, istruito dal Ranzoni, fu celebre scultore.

Chalet Villa Ada – dipinto di D. Ranzoni
Villa Ada oggi

ARCHITETTURA

Nell’itinerario Milano-Sempione pochi luoghi come la Val d’Ossola offrono uno scenario ricco di paesaggi e opere tecniche, di ambienti e architetture di natura e artificio. E’ il tratto che da Crevoladossola sale in direzione del passo San Giacomo, lungo il percorso del fiume Toce, che presenta panorami suggestivi di acque e montagne e anche mirabili applicazioni di quella industria idroelettrica che ha profondamente modificato le regioni alpine.

LE CENTRALI IDROELETTRICHE DI PIERO PORTALUPPI sono particolarmente originali e uniche nella loro architettura.

La prima attivata nel 1914 fu la centrale di VERAMPIO al punto di confluenza dei fiumi Toce e Severo, a cui Portaluppi diede l’aspetto di un forte turrito a simboleggiare il feudo energetico dell’impresa Conti, che costruì la centrale. Nella costruzione riecheggiano aspetti neomedioevali, così come nei dettagli architettonici e decorativi quasi come desiderio di trasmettere un’immagine di “grandeur” del committente. Simili richiami si trovano anche nel Residence fatto costruire per il personale e nella palazzina per il direttore.

Nel 1917 fu la volta della CENTRALE DI CREGO che presenta pietre sbozzate e levigate, legni a vista, dentellature, riseghe, con l’alternarsi di superfici scabre e lisce. La centrale è affacciata sul Toce a ridosso di una ripida roccia, costruita in granito e con scisti cristallini.

La CENTRALE DI CREVOLA fu realizzata nel 1926. Presenta tre volumi distinti: la sala macchine, la cabina di trasformazione, la torre per il raffreddamento. È caratterizzata da accenti orientali, richiama una pagoda e il bugnato si compone in trame a losanghe, le finestre sono a forma di rombi

La CENTRALE DI CADARESE fu costruita nel 1929, è l’ impianto più vasto e fu l’ultima ideata da Portaluppi.

VILLE

Numerosissime sono le ville bellissime e fastose che costeggiano la strada del Sempione. Tra le tante vale la pena segnalare per la loro peculiarità Villa Baletti a Lesa, l’unica villa esistente sul lago Maggiore in stile razionalista, una corrente architettonica sviluppatasi negli anni 1930/40, oggi in piena rivalutazione per praticità ed eleganza lineare e i Cottage in stile inglese presenti nella brughiera di Casorate Sempione.

VILLA BALETTI A LESA fu realizzata dall’architetto Ignazio Gardella che la costruì negli anni cinquanta del Novecento richiamandosi espressamente allo stile razionalista.
Proprio sobrietà e “l’esprit de geometrie” caratterizzano questa villa in contrasto con le vicine monumentali ottocentesche ville Davicini e Noseda.
Sorge nel mezzo di un prato in declivio verso il lago, sfruttando il dislivello del terreno su tre piani sfalsati. A livello dell’ingresso si trova un ampio atrio aperto sullo splendido panorama del lago inquadrato da una grande porta finestra.
Al secondo piano, sale e servizi; al terzo, le camere da letto coi bagni.
Il tutto è caratterizzato da ampi spazi che permettono grande libertà di movimento e contemporaneamente autonomia e privacy grazie allo schema a pettine delle camere da letto.
Anche l’arredamento è stato progettato da Gardella che ha disegnato lampade, mobili e il grande tavolo ovale nella sala da pranzo. Assai funzionali sono delle alte quinte di legno pitch-pine incernierate in modo da essere movibili che permettono di modellare gli ambienti secondo le necessità.
Il giardino, realizzato dall’architetto paesaggista Ignazio Vigoni, è all’inglese con gruppi distinti di alberi di varia specie inseriti nell’ambiente in pieno accordo con la natura del luogo secondo la concezione di giardino sostenuta da Vigoni che ha dotato il grande prato prospiciente la casa che scende fino alle rive del lago di piante e fiori dai colori vivaci con sfumature che variano a secondo della stagione.

Villa Baletti
Villa Baletti

COTTAGE INGLESI
Costruiti nella brughiera di Casorate negli anni trenta del Novecento, ne fu promotore l’avvocato Emilio Badini, grande animatore di cacce a cavallo. Consistono in una serie di case di campagna stile “cottage inglesi” con scuderie annesse, molto caratteristiche e particolari.
La caccia a cavallo è uno sport praticato oggi particolarmente nella zona del Vigano, un ampio pianoro che si estende tra Golasecca , Sesto Calende, il torrente Strona a Somma Lombardo e il ripido ciglione sul Ticino all’altezza della diga di Coarezza. Nato in Inghilterra, questo sport fu importato in Italia verso la fine del 1800. Per merito del conte Scheibler fu istituita la Società Milanese della Caccia a Cavallo che esiste tutt’ora a cui partecipano molti appassionati che però hanno sostituito alla volpe la “strusa”cioè uno straccio intriso dall’odore della volpe che i cani seguono accanitamente trascinando dietro di loro in una corsa sfrenata cavalieri e amazzoni.
La brughiera lungo la strada del Sempione è un terreno molto adatto alla caccia alla volpe perché è caratterizzato da essere privo di sottobosco, è un terreno morenico, drenato, asciutto, non adatto all’agricoltura, ma ben percorribile a cavallo.

Cottage Casa Baldini

È stata realizzata ultimamente sull’asse della strada del Sempione un’opera architettonica moderna di grande pregio. Si tratta della NUOVA FIERA DI MILANO di Massimiliano Fuksas.

Su un’area di 200 ettari tra Rho e Pero dove sorgeva una raffineria, Fuksas ha costruito un’onda di vetro che si dipana per più di 1 Km e che costituisce la copertura della strada pedonale di accesso ai padiglioni fieristici. Percorrendo la galleria battezzata “Ponte dei Mari” si è suggestionati dai giochi di trasparenze e variazioni altimetriche che ora sono dune e colline, ora crateri che precipitano fino a livello del terreno della cosiddetta “vela” che raggiunge il suo apice a 36 m . d’altezza innalzandosi in una cupola a forma di vulcano, in corrispondenza del centro congressi.
La vela è una struttura reticolare in acciaio e vetro con 30 mila aste e nodi sorretta da colonne metalliche arborescenti e avvolge con il suo manto sinuoso di 38 mila metri quadrati vari manufatti che accolgono funzioni di servizio. Tra questi spiccano sale riunioni a forma di bozzolo con poderose zampe affondate in specchi d’acqua.
L’insieme offre al visitatore una percezione dello spazio nuova e diversa a secondo del punto di osservazione, visioni fantastiche con giochi di colore, trasparenze e riflessi.
Iniziata nel 2002 è stata terminata nel 2005, con un costo di 800 milioni di euro. Sono state impiegate 10 milioni di ore di lavoro.
Ha 200 mila metri di superficie vetrate, pari a 10 volte la facciata del Pirellone.
Sono stati impiegati 400 mila metri cubi di calcestruzzo per le strutture in cemento armato e 77 mila tonnellate di acciaio (7 volte il peso della torre Eiffel). Le maestranze provenienti da oltre 60 paesi hanno completato l’opera in 30 mesi.

Fiera di Milano
Fiera di Milano
Fiera di Milano

La strada del Sempione si è arricchita così di una grande nuova opera che valorizza sempre più il suo ruolo di grande arteria di collegamento del nord Italia con il resto d’Europa.

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