La “giascera dal Marches”

 

La chiesetta del Palazzo Serbelloni-Corti e la ghiacciaia

Possiamo considerare come un piccolo “Monumento” del nostro paese anche la “Ghiacciaia” situata alla fine del Viale di Carpini, nei pressi dell’ingresso di Palazzo ex-Corti-Serbelloni che i tainesi chiamavano un tempo la “Giascera dal Marches”.
E’ questa una particolare costruzione, assai antica, probabilmente settecentesca, a forma quasi di trullo. Questo piccolo edificio a pianta circolare, con una porticina d’ingresso, (ora sbarrata per evitare che qualcuno cada nel buco profondo oltre cinque metri) e il tetto a cono coperto da tegole, era usato dai proprietari del Palazzo per conservare il ghiaccio. “Ghiacciaie” simili a questa ne esistevano parecchie nella nostra zona, soprattutto lungo le rive del lago costruite e usate dai pescatori per mantenere fresco il pesce; oggi però ne sono rimaste pochissime, il tempo e l’incuria le hanno distrutte.
In passato i mesi invernali erano assai rigidi e il lago si copriva di lastre di ghiaccio che gli abitanti della zona tagliavano e ponevano, trascinandole con l’aiuto dei buoi, nelle “ghiacciaie” sovrapponendone più strati.
Anche la nostra “giascera” veniva riempita con il ghiaccio del lago o dei torrenti, oppure, se il ghiaccio non si formava, con la neve ed era considerata un “bene prezioso”, tanto è vero che un preciso riferimento a questa costruzione è fatto perfino in un contratto di locazione: il 6 novembre 1880 tutto il latifondo di Taino fu dato in affitto dalla duchessa Maria Serbelloni vedova contessa Crivelli al signor Pietro Morardet di Milano per 12 anni, a cui si affiancò per la conduzione Enrico Berrini di Taino. Nel contratto di affitto erano inclusi tutti i beni stabili componenti il latifondo di Taino, situati nel territorio dei comuni di Taino con Cheglio, Angera , Cadrezzate, Capronno, Barzola, Lisanza, Sesto Calende con Cocquio per complessivi ettari 456, escluso il Palazzo, il giardino con la fontana Gotta e l’Oratorio. La ghiacciaia, invece, fu data in locazione, però con le seguenti clausole (1):
” La ghiacciaia dovrà essere riempita di ghiaccio dal conduttore supplendo con neve se necessario nelle stagioni strordinariamente miti e durante il soggiorno in Taino della nobile locatrice e dei suoi.
– Il conduttore dovrà fornire alla casa tutta la quantità di ghiaccio occorrente e permettere che si depongano le carni, tutto senza compenso.
– Una chiave sarà sempre presso la locatrice per libero accesso alla medesima.
– Si raccomanda poi vivamente di non lasciar mancare il ghiaccio agli ammalati poveri del villaggio che ne avessero bisogno, come usò sempre la nobile locatrice.
– E’ interdetto ad ambedue le parti servirsi del ghiaccio per vendita”.
Il ghiaccio era necessario, ma difficile ovviamente da conservare prima dell’invenzione dei frigoriferi, per cui ben si comprende come una ghiacciaia ben funzionante avesse un ragguardevole valore
La “giascera dal Marches” è la testimonianza di un’antica usanza e della vita economica e sociale del nostro paese come si evidenzia dalla raccomandazione “di non lasciar mancare il ghiaccio agli ammalati poveri del villaggio”.
La Regione Lombardia e la Provincia di Varese si stanno interessando alla conservazione di questi caratteristici edifici: il Comune di Cazzago Brabbia, ad esempio, ha già predisposto un piano di recupero e valorizzazione di tre ghiacciaie, fatte costruire nel ‘700 dal duca milanese Giulio Pompeo Litta che amava villeggiare in quei luoghi, per dar vita ad un piccolo museo di storia ed economia locale.
Anche i piccoli “Monumenti”, come il Lavatoio di Cheglio e la Ghiacciaia del Marchese, hanno un loro valore, soprattutto quando la loro presenza è legata alla storia del paese e della sua gente, cercare di conservarli è un dovere comune.

(1) in ASM “Fondo Serbelloni, 1°serie, cart.60”

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